Le ATS rappresentano una “invenzione” tutta lombarda, frutto della fantasia dell’ex Presidente Maroni, per le quali l’AGENAS, L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, ha espresso parere negativo a seguito della sperimentazione in quanto non coerente con la legislazione nazionale.
Per capire meglio le ragioni di questa crisi occorre addentrarsi nei meandri di questi otto enti sanitari che erroneamente vengono ricondotti alle vecchie ASL, che paiono essere il simbolo dell’efficienza in confronto a tali mostri burocratici. Stiamo parlando di un pianeta composto da 5,5 mila dipendenti, di cui quasi 2 mila amministrativi (tra i quali ben 100 dirigenti), 600 tecnici e 3 mila sanitari.
Il problema è che, avendo la ATS una vocazione programmatoria e di indirizzo, i 3 mila medici non hanno compiti operativi ma sono quotidianamente immersi in pratiche burocratiche. L’ATS ha il compito di “contrattualizzare” gli enti pubblici e privati (in regime di libera concorrenza tra loro) che poi concretamente erogano i servizi sanitari ai lombardi con liquidazione delle relative spettanze economiche. Le relative attività di controllo, che vengono svolte sugli enti contrattualizzati pubblici e privati, rappresentano quello che viene definito come “costo di transazione” e cioè il costo della mera attività contrattuale rispetto a quanto svolto.
Che senso ha che siano questi enti territoriali a contrattualizzare gli enti pubblici e privati quando tutti sanno che questa attività è svolta direttamente da Regione?
I costi di transazione sono specifici di un sistema che ha equiparato pubblico con il privato. Ritengo che il sistema pubblico debba avere dei sistemi di controllo differenti da quello privato in quanto sono diverse le mission: la cura della salute rispetto alla ricerca di profitto. Partendo da questi assunti e volendo spostare le attività sanitarie dei tre mila dipendenti verso il territorio (secondo anche le indicazioni che arrivano dalla relazione di AGENAS del mese di dicembre), la restante componente tecnico amministrativa, si presta a svolgere quell’attività che è tipica delle holding di supporto. Ipotizzando di trasferire il personale dei nuclei operativi di controllo nell’Agenzia di controllo del sistema sanitario regionale, si delinea pertanto un’ATS Unica (che nel mio Progetto di legge ho chiamato ATS Lombardia) che svolge attività di tipo contrattuale, amministrativa e nel campo della ICT che è l’elemento fondamentale (a cominciare da un call center efficiente e dall’agenda unica per le liste di attesa) per passare da un sistema “disorganizzato” a stella come l’attuale, verso uno con una forte governarce centrale e una erogazione periferica rafforzata. In via di semplificazione per dare le dimensioni di un soggetto di questo genere si tratta di una entità compresa tra i 1,5 e i 2 mila dipendenti con un costo del personale che potrebbe essere di 120 milioni di euro. Se è vero che la Lombardia è paragonabile ad uno stato sovrano deve avere un suo Ministero della Salute attrezzato a dovere, e non lasciare privo di supporto l’assessorato nell’errato assunto che il mercato “governato” dalle ATS possa soddisfare i bisogni dei lombardi sulle basi delle leggi della domanda e dell’offerta.