La settimana scorsa, come forse alcuni di voi sanno già, ho dato le dimissioni dalla commissione Sanità, in dissenso con il comportamento del presidente di commissione, Andrea Monti, che aveva messo una sorta di censura ai miei interventi.
Quello che segue è il testo della lettera che ho inviato al presedente del consiglio regionale Alessandro Fermi perché intervenga sollecitando il parere della Giunta per il regolamento, per chiarire una volta per tutte se un consigliere ha diritto o no di fare il lavoro per cui siede in consiglio.
Altrimenti, che bisogno c’è di mantenere un ente come la Regione?
—
Oggetto: richiesta di parere alla Giunta per il regolamento, ai sensi dell’art. 13, comma 3, lett. a del Regolamento generale del Consiglio regionale in merito alla vicenda verificatasi durante la seduta della III Commissione – Sanità e Politiche sociali – tenutasi in data 6/10/2021.
Egregio Presidente,
Con la presente volevo porre alla Sua attenzione quanto si è verificato in data 6/10/2021 durante la seduta della III Commissione – Sanità e politiche sociali – avente ad oggetto la presentazione delle proposte emendative al PDL n. 187 “Modifiche al Titolo I e al Titolo VII della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo Unico delle leggi regionali in materia di sanità)”. Occorre informarLa che, durante la seduta e in assenza di previo contingentamento dei tempi di intervento, mentre esponevo le mie proposte emendative all’esclusivo fine di esercitare le prerogative connesse all’espletamento del mandato elettivo di consigliere regionale, il Presidente Emanuele Monti mi ha illegittimamente tolto la parola.
Se la libertà di espressione dei consiglieri regionali è così fortemente limitata, e contrariamente a quanto affermato dalla stessa Vicepresidente e Assessore al Welfare, Letizia Moratti, non viene riconosciuto nemmeno il tempo necessario ad esporre quelle che sono le proprie proposte emendative, risulta doveroso interrogarsi su quale sia la funzione effettiva del Consiglio regionale.
Diversamente da quanto si è verificato, il Presidente Emanuele Monti avrebbe dovuto considerare previamente l’opportunità di procedere al contingentamento dei tempi di intervento, senza interrompere la mia esposizione. Questa, tra l’altro, era priva di qualunque finalità ostruzionistica, e aveva come unico obiettivo quello di esporre il contenuto degli emendamenti da me formulati nonché la linea politica da me adottata, esclusivamente in un’ottica di collaborazione.
L’art. 24 del regolamento generale del Consiglio regionale, al comma 1, stabilisce espressamente che “le commissioni organizzano i propri lavori sulla base di programmi predisposti dai rispettivi uffici di presidenza in modo da assicurare in via prioritaria l’esame dei progetti di legge e degli altri affari assegnati e contenuti nel programma di cui all’art. 23.” “Per ciascun provvedimento gli uffici di presidenza determinano i modi e i tempi dell’istruttoria, comprese le attività indicate all’articolo 43.” In tal senso, l’art. 29 del regolamento stabilisce che “L’ufficio di presidenza stabilisce il programma di lavoro della commissione a norma dell’articolo 24”.
Il comportamento posto in essere dal Presidente Monti risulta chiaramente in contrasto con gli articoli del regolamento sopracitati. L’assunto, se fosse necessario, risulta peraltro confermato dall’atteggiamento posto in essere successivamente dallo stesso Presidente Monti, il quale, solamente dopo essere stato in tal senso sollecitato dal mio Gruppo, ha sospeso la seduta di Commissione e ha convocato l’Ufficio di presidenza al fine di decidere i tempi e le modalità del prosieguo dei lavori in Commissione, essendo l’Ufficio di Presidenza l’unico organo competente all’esercizio delle suddette funzioni.
La posizione adottata dal Presidente Monti, volta a limitare la libertà di espressione dei consiglieri regionali, in assenza di una previa deliberazione nella sede competente, risulta pericolosa e fortemente dannosa per le istituzioni.
Inoltre, dopo lo scontro verbale verificatosi nel corso della seduta di Commissione durante la quale mi sono limitato a rivendicare l’esercizio di un mio diritto, ho affermato che il suo atteggiamento era “autoritario e fascista”; lui, in risposta, ha ingiustamente minacciato di querelarmi.
In relazione all’uso del termine fascista, occorre sottolineare che il mio giudizio non era personale sul Presidente Monti, ma sul comportamento censorio da lui posto in essere in sede di Commissione.
La Cassazione, con sentenza n. 29433 pronunciata in data 20 luglio 2007 ha specificato espressamente che “sul piano politico con l’uso di tale termine si intende stigmatizzare, da parte degli avversari politici, un comportamento ritenuto arrogante ed antidemocratico, improntato cioè a scarso rispetto nei confronti degli oppositori politici, oltre che reazionario nelle scelte di politica sociale. È un termine che – sinteticamente ed efficacemente consente di esprimere una valutazione complessiva sull’operato di un pubblico amministratore ed il giudizio negativo che sottende è facilmente comprensibile anche per i comuni cittadini perché l’esperienza del ventennio del secolo scorso dominata dall’ideologia fascista è ancora viva nel ricordo di molti italiani. Non vi è dubbio, quindi, che tale termine non può essere considerato un’ingiuria, ma deve essere ritenuto come espressione di una critica politica, certo assai aspra, ma del tutto legittima”. La Cassazione ha sentenziato che il ricorso all’epiteto “fascista” riferito da un avversario ad un politico per stigmatizzarne il comportamento, costituisce legittimo esercizio del diritto di critica politica se
utilizzato per paragonare il suo modo di governare ed amministrare la cosa pubblica ad una ideologia e ad una prassi politica ritenute scarsamente rispettose degli oppositori: è quindi sinonimo di “antidemocratico” e, come tale, non costituisce un reato.
In considerazione della situazione suesposta ed esasperato da tale atteggiamento censorio, ho deciso di rassegnare le mie dimissioni dalla III Commissione – Sanità e Politiche sociali, dal momento che ritengo assolutamente inopportuno lavorare secondo queste modalità.
Si chiede, pertanto, alla Giunta per il regolamento un parere, ai sensi dell’art. 13, comma 3, lett. a del Regolamento generale del Consiglio regionale, circa la possibilità di effettuare il contingentamento dei tempi in corso di seduta di Commissione, una volta che l’esame del provvedimento sia già iniziato, al fine di consentire una corretta e uniforme applicazione del Regolamento, alla luce degli artt. 24 e 29.
Sicuri di un Suo celere riscontro, porgo cordiali saluti.
Milano, 7 ottobre 2021
Il Consigliere regionale
f.to Marco Fumagalli
Per completezza di informazione, pubblico qui il link dove potete risentire, dall’inizio fino all’interruzione, l’audio della seduta di commissione in cui mi è stato impedito di portare a termine la mia esposizione del contenuto dei nostri emendamenti alla riforma della Sanità.