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ORGANISMO DI CONTROLLO REGIONALE: NORMA DA PRIMA REPUBBLICA E PROTETTIVA DELLA CASTA.

Bisogna riconoscere il merito a questa amministrazione regionale di aver voluto, proporre una riforma degli enti controllati che mira a razionalizzarli, oltre che a renderli maggiormente efficaci. Devo tuttavia osservare che, a fronte dell’impegno della Giunta e dell’Assessore, oltre che della struttura burocratica, per i quali esprimiamo un sincero apprezzamento per il confronto che si è aperto e per la qualità della dialettica, il risultato non è tuttavia tale da poter essere condiviso da un Movimento innovativo e di cambiamento qual è il nostro.

In primo luogo la qualità della formulazione del testo lascia a desiderare.

Come recita infatti l’art. 44, comma 1, dello Statuto d’autonomia, le leggi dovrebbero essere improntate alla chiarezza, alla semplicità, costruite mediante articoli brevi, con periodi altrettanto concisi, usando frasi semplici o frasi complesse con un numero contenuto di proposizioni subordinate.

Il testo in esame è composto da 9  articoli, 35 commi, con complessive 2.866 parole; contiene una media di parole per articolo pari a 318: il risultato è un articolato decisamente appesantito, e tutt’altro che di facile lettura. A voler fare un paragone autorevole, potremmo dire che il testo della Costituzione italiana, composta da 139 articoli, contiene 9.369 parole, di cui 1.002 appartenenti al vocabolario di base, comprensibile da tutti. Con una media di 67 parole per articolo. Sicuramente un’eccezione, troppo trascurata dai legislatori attuali. Se poi pensiamo che per la descrizione della figura del pubblico ministero all’interno del codice di procedura penale (parte I, libro I, titolo II, artt. 50 – 54 quater c.p.p.), vengono utilizzate 1.505 parole, ci si rende conto che il testo è decisamente fuori misura.

In secondo luogo, mi preme soffermarmi su alcuni punti sostanziali inerenti a questo progetto di legge.

Il sistema dei controlli in Italia è fallimentare e i risultati si vedono. La Legge 231 del 2001, che prevede la figura dell’Organismo di Vigilanza, a quasi 20 anni dalla sua emanazione, non ha apportato alcun beneficio: quest’architettura si è rivelata soltanto una prolifica fucina di incarichi, senza tradursi in un concreto strumento di prevenzione e di tutela della legalità.

Lo stesso può dirsi a proposito della normativa sul responsabile anticorruzione del 2012 (legge n. 190), che ancora fatica a decollare. E’ un dato oggettivo che le denunce proposte da questi organi sono infinitamente residuali rispetto alle già poche inchieste della magistratura su di un fenomeno, quello corruttivo, dalle dimensioni devastanti. Chissà perché, invece, molto spesso le denunce arrivano dai portavoce a cinque stelle che, come ha più volte riferito il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone, “sono i suoi principali datori di lavoro”. Tutto ciò significa che il sistema di garanzia adottato dalle vigenti istituzioni e dai suoi agenti non è efficace.

Evidentemente si vuole evitare di dar vita ad un reale cambiamento adottando dei testi “gattopardeschi”.

A questi testi normativi, che sono un palliativo rispetto alle reali esigenze cui dovrebbero essere destinati, si potrebbe almeno supplire con l’inserimento di una rappresentanza preponderante delle minoranze al loro interno, anziché limitarla con soli due rappresentanti dell’opposizione. L’Organismo dovrebbe collocarsi infatti quale organo di supporto all’attività del Consiglio regionale per garantire la necessaria indipendenza rispetto alla Giunta Regionale e alla burocrazia regionale che, di fatto, svolgono il ruolo di controllati. A ciò si aggiungano le modalità di nomina dei commissari che determinano una eterogeneità dell’organismo che rischia di essere un elemento di difficoltà più che un valore aggiunto.

Un’esperienza simile si è già avuta con l’Agenzia dei Controlli del sistema sanitario “che, a due anni dalla sua istituzione,  e a poco più di un anno dal suo consolidamento organizzativo, ha riscontrato difficoltà nel sistema regionale complessivo, che non l’ha ancora “inserita” in modo organico”. Quest’ultima tuttavia è un’Agenzia i cui membri vengono nominati interamente dalle opposizioni, ed i cui membri sono espressione di professionalità omogenee. Il fatto però che ci si sia rifiutati di affidare poteri ispettivi a questa Agenzia, in sede di approvazione del PRS, impone una riflessione sull’atteggiamento della maggioranza. Quale problema c’è ad estendere il potere ispettivo a diversi organi di controllo? Nel Paese in cui ci sono almeno 3 corpi di polizia ci si irrigidisce di fronte all’affidamento del potere ispettivo all’unica agenzia di spettanza alla minoranza.

Perché si è rifiutato di assegnare compiti ispettivi all’Agenzia dei Controlli del sistema sanitario e si richiede ora un nostro consenso su di un Organismo dotato di poteri ispettivi, ma privo della necessaria indipendenza? Non possiamo certamente affermare che questo Organismo sia indipendente e terzo rispetto alla Giunta Regionale, essendo nominato dalla stessa maggioranza che esprime la Giunta stessa. La definizione di quanto contenuto nell’articolo 1, comma 1, del presente progetto di legge è una perfetta antitesi rispetto a ciò che un organismo indipendente dovrebbe essere.

Cito testualmente: “La presente legge istituisce, presso la Giunta regionale, l’Organismo regionale di Controllo al fine di verificare il corretto funzionamento delle strutture organizzative della Giunta regionale e degli enti del sistema regionale”.

Una soluzione poteva essere quella di mutuare la modalità di scelta dei componenti tramite l’estrazione da appositi elenchi così come avviene per i revisori dei conti degli enti locali e come ha stabilito anche Regione Lombardia per l’istituzione del medesimo organo nell’anno 2012. Meglio un complesso di persone fuori dalla logica partitocratica rispetto ad una rappresentanza dell’opposizione assolutamente simbolica come quella prevista dall’articolo 2.

Appare poi del tutto fuori luogo, mentre a livello nazionale si dibatte di come tagliare le cosiddette pensioni d’oro, prevedere un esonero al divieto di cumulo tra pensione ed indennità di carica. Per quale motivo si deve derogare ad una legge come questa? Una legge che dovrebbe garantire il rispetto della normativa da parte della Giunta e i suoi enti, che si sottrae all’applicazione di una legislazione nazionale in modo del tutto arbitrario e ingiustificato. E’ una clausola che ripugna e che appare come un’ingiustificata regalia per qualcuno, oltre che  un affronto verso i comuni cittadini che hanno versato i contributi e pagano le tasse. Una norma dal sapore di primissima repubblica e protettiva della Casta. Se poi si scoprisse che la pensione percepita non è nemmeno suffragata da idonei versamenti (perché calcolata con il sistema retributivo), l’indignazione popolare e delle stesse forze dell’ordine diverrebbe incontrollabile per il rischio di creare un precedente idoneo ad aprire la strada ad una Restaurazione partitocratica.

Il nostro Movimento nasce da una forte esigenza di cambiamento e discontinuità con il passato richiesta dalla gran parte dell’elettorato. Non possiamo pertanto accettare soluzioni di compromesso su argomenti di fondamentale importanza.

 

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